03. Lettera agli artigiani, alle casalinghe, ai disoccupati...ecc
- Categoria: Il Manifesto
- Scritto da CoopUni
Oggi, gennaio 2011, la percentuale è aumentata, ma le autorità invece ci dicono che, al terzo trimestre 2010, è del 8.6%. Come è possibile? Facile, hanno cambiato i criteri di calcolo. In parole povere, hanno taroccato i dati. In ogni modo il risultato è sempre questo:
Gran parte degli ultraquarantenni licenziati non sarà più reintegrata nel mondo del lavoro e
MOLTI GIOVANI ITALIANI SONO CONDANNATI A NON LAVORARE MAI.
E’ GIUSTO TUTTO QUESTO?
Tutte le previsioni, sia quelle a breve sia quelle a lungo termine, parlano di un continuo peggioramento della situazione occupazionale. L’automazione, l’alta tecnologia e il computer hanno determinato e continuano a determinare una disoccupazione sempre più insopportabile.
E’ vero che recenti studi statistici prevedono che nel 2020 ci saranno 12.000 nuove professioni, ma ben il 30% di quelle odierne non esisteranno più. A peggiorare la situazione sarà l’internazionalizzazione della produzione e del commercio (VEDI GLOBALIZZAZIONE), che determinerà nei paesi industrializzati un ulteriore crollo dell’occupazione.
Le ultime previsioni sostengono che soltanto metà della popolazione avrà un lavoro a tempo pieno. Questa previsione riguarda l’Europa; per l’Africa, l’Asia e l’America Latina, le previsioni sono ancora più tragiche.
Non preoccupiamoci però del futuro remoto, visto che il futuro prossimo è già pauroso. La sola privatizzazione caldeggiata dall’Unione Europea e fomentata dalla destra capitalista porterà al licenziamento di centinaia di migliaia di dipendenti.
Non illudiamoci, quando i vari governi parlano di aumentare l’occupazione c’ingannano e si autoingannano, gli interventi usuali (piccoli ritocchi dei tassi d’interesse, investimenti di qualche miliardo di euro, ecc.) servono soltanto a contenere temporaneamente l’aumento della disoccupazione. La cosiddetta società postindustriale non è capace neanche a limitare in modo definitivo la disoccupazione, figuriamoci se può sperare di eliminarla.
Pertanto rassegnatevi, se manteniamo questo tipo di società (capitalista, liberista, socialdemocratica) siamo condannati ad avere una sempre più grande fascia della collettività allontanata dal mondo del lavoro, se invece adottiamo una società comunista siamo condannati al fallimento economico.
Con questi partiti e questi sistemi siamo condannati a un futuro di incertezza e di paura, per noi e i nostri figli.
E allora dobbiamo rimanere fermi e accettare tutti gli imbrogli, le ingiustizie e le idiozie dei nostri politici? Non possiamo fare nulla per cambiare la situazione? Non possiamo eliminare tutte queste disuguaglianze, tutte queste ingiustizie? Io penso che non solo possiamo cambiare la nostra società, ma abbiamo il dovere di farlo. Non è retorica; credo che anche tu senti il bisogno di vivere in una società migliore e quindi non puoi non sentire il desiderio di agire.
Si può cambiare tutto e in tempi piuttosto brevi. Si può avere una società più giusta, dove tutti lavorano, dove nessuno deve “fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese”, dove tutti i servizi sociali, sanità, scuola, trasporti funzionano non solo adeguatamente, ma nel migliore modo possibile. Per avere una risposta veloce basta che tu legga la Lettera aperta, per i dettagli, il Dizionario politico.
Tu mi potresti dire: "Adesso ho letto il Manifesto del Cooperativismo. E allora? Cosa cambia?” Se ti sei convinto che i cambiamenti prospettati in questo libretto sono attuabili è già un bel passo avanti, se non sei convinto significa che hai delle obiezioni, e allora contattami, sono sicuro di riuscire a fugarle.
Ho affermato che se sei convinto è un bel passo avanti, ma non basta. Bisogna agire. Avere belle convinzioni e non agire non cambia proprio nulla. Ma come agire? Non ci vuole molto, non devi spendere soldi, non devi spendere troppo tempo e in ogni caso solo il tempo che riterrai opportuno. Ricordati, con il Cooperativismo non sei e non sarai mai obbligato a fare nulla, però se lo desideri potrai fare molto.
Per le stesse mansioni una donna riceve uno stipendio medio inferiore del 20% a quello dell'uomo.